Unioni civili. I Radicali danno la sveglia al Comune di Roma

Intervista a Riccardo Magi

Lunedì 17 novembre è scaduto il termine, previsto dallo statuto del Consiglio comunale capitolino, entro il quale l’Assemblea doveva discutere e votare una delibera di iniziativa popolare per il riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto. Presentata sei mesi fa da Radicali Roma e dall’Associazione Certi Diritti, quella delibera è stata firmata da quasi ottomila romani, ma in questo lungo tempo il Campidoglio l’ha completamente ignorata. Giovedì scorso, vari militanti radicali si sono presentati all’ultima seduta utile del consiglio comunale e hanno tirato fuori decine di sveglie attivandole all’unisono per ricordare ad assessori e consiglieri romani che stanno violando lo statuto del Comune di Roma. Abbiamo intervistato Riccardo Magi, segretario di Radicali Roma, che ha già in mente nuove azioni.

Cosa chiedete esattamente nella delibera di iniziativa popolare che avete presentato sei mesi fa?
Il riconoscimento delle unioni civili e il sostegno alle nuove forme familiari. Rispetto all’istituzione di un registro delle unioni civili, che era la formula più utilizzata negli anni Novanta e aveva un valore più simbolico, questa delibera in realtà approverebbe un regolamento che mira a una vera parificazione tra famiglie basate sul matrimonio e famiglie di fatto, per quanto riguarda l’accesso a tutti i servizi e le attività erogati dal Comune. Proprio come è già avvenuto a Torino nel 2010 e a Milano da quest’anno. Nello stesso tempo, impegna il Comune a eliminare ogni forma di discriminazione perché, nel momento in cui si deve garantire una parità di accesso ai servizi pubblici, ai trasporti o ad altro, questo impone di non discriminare tra i diversi tipi di famiglie.
Come proseguirete la vostra lotta affinché almeno a livello comunale si affronti la questione delle unioni civili?
Sicuramente è necessario continuare a essere presenti alle sedute del Consiglio comunale, per vigilare: ci inventeremo qualche altra iniziativa per ricordare loro che il termine è scaduto! Intanto, da un punto di vista più politico, abbiamo già sporto una diffida formale al presidente dell’Assemblea capitolina, perché è in violazione dello statuto del Comune di Roma e non è assolutamente nella sua discrezionalità il fatto di decidere se calendarizzare o meno una delibera popolare: il termine è chiaro, esplicito e non differibile.
Quindi continuerete a far suonare le sveglie perché rispettino una scadenza prevista dal loro stesso regolamento?
Sì. E se necessario arriveremo a rivolgerci al difensore civico regionale (visto che quello comunale è stato soppresso da Gianni Alemanno), cui possiamo persino chiedere il commissariamento del Consiglio comunale perché non compie un atto dovuto. Così come lo statuto dice che i cittadini devono raccogliere almeno 5000 firme in tre mesi (e ne abbiamo raccolte quasi 8000), così lo stesso statuto prevede che il Consiglio comunale debba calendarizzare e quindi discutere la delibera proposta entro sei mesi. Se ci sono problemi di convenienza politica per cui per loro è scomodo farlo adesso, ci dispiace tanto ma non sono loro a decidere: le unioni civili devono entrare nel dibattito pubblico della città.
Una volta discussa la delibera, potrebbero anche votare contro e non approvarla. Perché non vogliono nemmeno affrontare il tema?
Perché dovrebbero prendersi la responsabilità politica di bocciare la delibera in aula e nemmeno questo gli conviene.
Nel caso in cui una delibera del genere dovesse venire approvata, quali sarebbero le conseguenze? Quanto inciderebbe realmente sulla vita delle coppie di fatto?
In realtà questa sarebbe tutt’altra cosa rispetto a una vera riforma del diritto di famiglia – che richiede però un passaggio parlamentare – ma rappresenterebbe un valore di cui la città di Roma deve assolutamente dotarsi, perché nel Comune le attività che vengono erogate sono tante: dagli asili alle assistenze domiciliari, dai servizi sociali in senso lato all’edilizia popolare.
Sarebbe un buon punto di partenza per un’estensione di certi diritti anche a livello nazionale?
Se venisse approvato un regolamento comunale delle unioni civili, l’Amministrazione, attraverso l’anagrafe, sarebbe tenuta a rilasciare un attestato di famiglia anagrafica su vincolo affettivo, cioè un vero documento che dice che due persone sono stabilmente conviventi nel territorio del Comune e formano un nucleo familiare basato non sul matrimonio, ma su un vincolo affettivo. Questo documento potrebbe essere utilizzato, per esempio, in caso uno dei due fosse ricoverato in ospedale, per andare semplicemente a visitarlo o per accedere alle informazioni mediche. Chiaramente, per quel che riguarda invece tutti gli aspetti successori, su quello servirebbe una riforma del diritto di famiglia.
Saremmo intanto a una parificazione di tipo amministrativo. Ma nemmeno quello vogliono concedere alle coppie di fatto?
Sarebbe quello il massimo livello comunale raggiungibile. Ma certamente, una volta che si riuscisse a ottenere un attestato dall’anagrafe del Comune di Roma, si aprirebbe una messa in crisi dei vari rifiuti che si oppongono alle coppie di fatto e anche da un punto di vista giuridico si potrebbero aprire dei contenziosi, una volta che ci si sia dotati di un vero e proprio documento: si pensi soltanto al calcolo delle tasse in base al numero dei componenti di un nucleo familiare o al calcolo dell’Ise, su quanto guadagna quel nucleo familiare. Tutto questo avverrebbe tenendo conto di questi nuovi tipi di famiglia, che a quel punto saranno tenuti a una serie di doveri, ma finalmente si vedranno anche riconosciuti dei diritti fondamentali.
Quanto incide, in tutta questa vicenda, la genuflessione preventiva e direi bipartisan, della politica al Vaticano, in particolare nella capitale?
E’ proprio un rifiuto del tema, perché mette in difficoltà gli equilibri politici di una città come Roma, che sono tutti orientati verso il gradimento delle gerarchie ecclesiastiche. Così il tema delle coppie di fatto, lo hanno proprio estromesso dal dibattito politico, in tutti questi anni. Basterebbe ricordare quando la delibera popolare che chiedeva l’istituzione di un semplice registro delle unioni civili, venne bocciata da un consiglio comunale a maggioranza di sinistra: era il dicembre 2007 e il Sindaco di Roma era Walter Veltroni.
Soltanto i Radicali continuano a dare battaglia su questi temi…
Noi continuiamo a rivolgerci a tutti i capigruppo e ci rivolgeremo anche ai candidati alle primarie del centrosinistra per il sindaco di Roma, almeno a quelli i cui nomi si conoscono. E’ di lunedì sera, per esempio, il parere positivo di David Sassoli sulla nostra iniziativa; mentre Paolo Gentiloni, per esempio, non ci ha mai risposto.
Tutto dipende anche dalle alleanze più o meno centriste che si stanno componendo in questi giorni.

Sotto agli stessi nomi fatti sui possibili candidati, c’è una dinamica elettorale ben precisa, che ancora punta a un accordo con l’Udc di Pier Ferdinando Casini, da fare sia alla Regione dove – dopo essere stato nella maggioranza di Renata Polverini – l’Udc entrerebbe nella maggioranza di Nicola Zingaretti, sia al Comune di Roma dove ci sono voci di corridoio circa la scelta di un candidato Sindaco che sia gradito al partito di Casini: dall’attuale ministro Andrea Riccardi a Giuseppe Fioroni.

Articolo pubblicato su Cronache Laiche